Cristian Moretti
Email - cristian.moretti@unife.it
Titolo tesi - “Comitati aziendali europei e delocalizzazioni”
Abstract - Nel contesto della globalizzazione economica e dei mutamenti nell’organizzazione delle imprese, le decisioni strategiche di maggiore impatto sui lavoratori sono sempre più assunte nelle sedi centrali site in Paesi terzi, su tutte quelle a monte di progetti di ristrutturazione transnazionale: dismissioni di stabilimenti, esternalizzazioni di servizi, licenziamenti collettivi, cessioni di aziende o di loro
divisioni e, su tutti, delocalizzazioni.
Il legislatore europeo ha approntato già da anni un set completo di direttive sull’informazione e consultazione dei lavoratori recanti regole a protezione dei loro diritti specialmente nei processi di ristrutturazione, complementari di un’altra normativa unionale, la direttiva 94/45/CE sull’istituzione dei Comitati aziendali europei. Casi plurimi di violazione degli obblighi a carico delle imprese multinazionali hanno indotto ad una revisione della disciplina, ad opera della direttiva n. 2009/38, tesa proprio ad assicurare l’effettività dei diritti dei Cae.
La Commissione europea nel valutare gli effetti della direttiva ha constatato un generale sviluppo quali-quantitativo delle comunicazioni tra direzioni centrali e Cae e nelle situazioni di ristrutturazione una certa proattività dei Comitati che, sebbene sprovvisti di un formale potere di
contrattazione, hanno in varie circostanze assolto, al fianco dei sindacati europei o nazionali, una funzione negoziale sfociata talora in accordi transnazionali di impresa, esempi virtuosi di dialogo sociale resi possibili dal rispetto dei loro diritti e dalla propensione alla gestione congiunta delle crisi aziendali da parte del management.
Tuttavia, pesanti criticità sono denunciate sia in dottrina che dagli attori sociali e istituzionali rispetto alla normativa vigente e alla prassi operativa aziendale contestuale e consecutiva alla dialettica Cae-direzione centrale.
La Direttiva di rifusione ha fallito nei suoi principali propositi, ossia la creazione di un maggior numero di Cae (istituiti solo nel 50% delle imprese eleggibili) e, per quanto qui più rileva, la garanzia dell’effettività dei processi di informazione e consultazione.
Le insufficienze normative della direttiva e le inefficienze operative dei Cae hanno alimentato un nutrito dibattito, sia scientifico che politico-istituzionale, circa possibili migliorie. Negli anni della pandemia di Covid-19, quando le procedure di informazione e consultazione venivano ancor più eluse e le ristrutturazioni transnazionali con i connessi tagli dei posti di lavoro si moltiplicavano, il Parlamento europeo ha presentato ben due report, di cui uno ex art. 225 TFUE, teso al rafforzamento della capacità dei Cae di esercitare i loro diritti di informazione e consultazione.
La Commissione rispondendo al PE si è impegnata a dare seguito a tale risoluzione con una proposta normativa avviando una consultazione delle parti sociali nell’ambito del dialogo sociale europeo ex art. 154 TFUE, tutt’ora in corsa al momento in cui si scrive.
Nell’ambito del quadro sommariamente delineato, il lavoro di ricerca intende formulare risposte e avanzare possibili soluzioni alle questioni seguenti: qual è il ruolo del CAE nelle delocalizzazioni? Come vengono mediati gli interessi contrapposti dei lavoratori dei vari stabilimenti? Esiste un raccordo con le rappresentanze dei lavoratori nazionali? I diritti di partecipazione che possono esercitare i CAE sono efficaci? In che misura i CAE possono incidere sulle scelte datoriali?
La metodologia sposata sarà duplice. Da un lato, si andrà ad analizzare gli accordi istitutivi esistenti, le disposizioni che regolano i rapporti tra CAE e rappresentanze nazionali, le sanzioni previste in caso di violazione dei diritti di informazione e consultazione. Inoltre, l’analisi della
normativa esistente e delle sue proposte di modifica sarà svolta a partire dai documenti che ne hanno accompagnato l’iter legislativo, distinguendo le posizioni dei vari attori coinvolti (gli Stati membri, i sindacati nazionali ed europei, le organizzazioni datoriali nazionali ed europee, la Commissione, il Parlamento europeo). Saranno altresì considerate le (non molte) decisioni della Corte di giustizia in materia e le (scarsissime) pronunce delle corti italiane. Infine, sarà esaminata la letteratura in materia di CAE.
Nella seconda parte della tesi sarà invece studiata la prassi, individuando uno o più casi di delocalizzazioni, per valutare cosa è successo, cosa ha funzionato e cosa no. Saranno dunque vagliati documenti specifici, le pronunce giudiziarie (se esistenti), e saranno svolte interviste ai
soggetti preminenti delle vicende di cui trattasi.